La scorsa settimana ho partecipato a Bologna ad un convegno dal titolo: L’internazionalizzazione_del_tortellino_Le_pene_e_i_travagli_dell’Italia_nel_mercato_globale, organizzato dalla società di consulenza Roncucci & Partners. Professori universitari , economisti, capi dipartimento, direttori RAI, ecc. stavano dibattendo perché l’Italia perde competitività, quando un operatore tunisino presente in sala chiede la parola e racconta: “…ho organizzato da poco un incontro tra un gruppo di aziende italiane e degli operatori tunisini. Dopo aver fatto le presentazioni cedo la parola agli italiani perché presentino le loro aziende, ma questi si scusano dicendo che non sanno il francese. Non è un problema, rispondono i tunisini, allora parliamo in inglese. Purtroppo gli imprenditori italiani non conoscevano nemmeno l’inglese.”
Ho conosciuto aziende che hanno partecipato a fiere internazionali e, non avendo le competenze linguistiche, si sono fatte accompagnare dall’amico poliglotta. Una volta rientrate in sede si sono accorte però che il vero lavoro di relazione con la controparte estera cominciava solo allora e hanno così vanificato l’investimento fatto con la fiera.
Al convegno citato riportavano la seguente statistica: il 42% della popolazione serba conosce l’inglese; meno del 25% della popolazione italiana conosce l’inglese. Colpa della scuola ? della famiglia ? Non è questa la sede per dibattere del tema ma diamo però un consiglio alle nostre piccole e medie imprese. Prima di elaborare qualsiasi strategia di espansione all’estero è opportuno farsi una semplice domanda: “Do you speak english?”