Sono state scoperte tra Pechino e Taiwan numerose aziende orientali che si spacciavano per italiane. Casalinghi Sabo made in Italy opera del designer italiano Dino Beconiao, per fare un esempio. E poi ancora: orologi, pelletteria, abbigliamento, calzature, arredamento e piastrelle (vedi AGIChina24). Il manifatturiero di qualità che molte nostre piccole medie imprese producono.
Un operatore italiano del fashion che vive da 10 anni a Colonia mi diceva: “ Nonostante le nostre vicende politiche i tedeschi hanno un fortissimo desiderio di italianità. Prova ne è il fatto che moltissimi marchi di produttori tedeschi si ispirano spesso a nomi italiani: Bruno Banani, Carlo Colucci, Marc O’Polo, …” Qui ovviamente l’origine della merce è indicata correttamente. Tuttavia la brand- awareness in Germania è molto bassa e questi nomi che suonano italiano premiano le vendite.
Cina e Germania, due paesi tra di loro molto lontani e molto diversi. Per entrambi questi mercati però il prodotto che richiama il nostro Belpaese premia le vendite. E così è in quasi tutto il mondo.
A casa nostra invece marchiare un prodotto “Mario Rossi” fa’ provinciale e allora l’uso della lingua inglese va alla grande. Tuttavia se vogliamo vendere all’estero una riflessione in questo ambito la dobbiamo fare. Due consigli: usiamo i nostri bei nomi italiani e adoperiamo la comunicazione in modo professionale per dire che il nostro prodotto è “italiano, italiano vero”.